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"Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa










Ho letto questo libro durante i miei giorni siciliani.
Mi ha subito catturata. Ed è stato bello, durante il vagare, ritrovare luoghi e atmosfere reali e tangibili, oltre le pagine del romanzo. I nomi delle vie, le piazze, i conventi, i modi e gli sguardi.
E' impossibile restare indifferenti alle vicende che coinvolgono la principesca famiglia Salina.
Nel libro si condensano attimi cruciali della storia d'Italia e della Sicilia. Si percepisce il momento in cui il cambiamento spingeva il suo vento di rivoluzione sull'isola...e l'isola si faceva ancora più isola. Mi hanno detto che questa è una banalità, trita e ritrita, che fa arrabbiare i siciliani. Tant'è..

Lo sguardo che ci guida nella lettura è quello del nobile Principe di Salina. Don Fabrizio.
Padre, zio, capofamiglia e detentore di quel titolo, sinonimo di prestigio e privilegi che, pian piano, lungo le pagine del romanzo, perde sempre più valore. La borghesia avanza, insieme all'unità d'Italia e ai diritti. Arrivano Garibaldi, la camice rosse e i piemontesi.

E' un'atmosfera decadente ma ancora scintillante quella in cui vivono i Salina. Le feste, i pranzi e le visite in convento. Le scorribande nelle stanze dimenticate. Il passato chiuso dentro vecchi armadi, dietro porte nascoste dalla tappezzeria, tra baldacchini e piume si rincorrono gli eredi, coloro i quali cambieranno il corso della storia. O sogneranno di farlo. Rimane un unico baluardo. Una vera Salina, nei tratti e nella mente. Concetta, la figlia prediletta. Lei chiuderà il romanzo, osservando la fine della dinastia tanto amata.






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