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"Alito e calce" di Francesco Randazzo






Ho conosciuto la scrittura di Randazzo un anno fa, grazie ad una copia di Tu non lo sai da dove vengo  arrivata in un pacchetto spiegazzato. Non sapevo nulla dell'autore e della storia ma le poche righe di trama mi avevano subito convinta.

La prima intuizione a volte è proprio quella giusta, Tu non lo sai da dove vengo, è un libro che mi ha colpita molto e ancora porto dentro. E' brevissimo ma ti si incolla addosso come poche letture sanno fare.

Alito e calce è stato una piacevole scoperta.
Il titolo mi ha riportata subito alle atmosfere della città in cui i due protagonisti vagano. Il caldo, il vento, la terra e gli scogli.
La verità è che mi ha sorpresa moltissimo.
Ho ritrovato la scrittura essenziale, potente ed evocativa e scoperto nuove angolazioni di un microcosmo che, per me, sarà sempre legato a quella prima lettura.

Leggere una raccolta di poesie tutta d'un fiato è cosa rara. Io mi ci sono tuffata, seguendo il filo di immagini e vivide sensazioni. C'è qualcosa di tattile, concreto eppure delicatissimo in queste righe.

La prima parte è titolata Agalìa, figura della mitologia greca figlia di Zeus, per i romani una delle tre Grazie, lo Splendore. Sentiamo il mare infrangersi contro mura antiche, immagini ci aprono mondi interiori che danzano fondendosi con la natura e gli oggetti quotidiani. E' un quadro a tinte fredde quello che si compone nella mia mente. Il mare, la pietra calda sotto i palmi delle mani e il vento umido in faccia, guardando giù, verso gli scogli, vetro dalle mille sfumature, lame di luce in cielo e riflessi su barattoli e bottiglie, treni, caffè e luci al neon. Un crescendo di tensione che passa dall'occhio al cuore e si scioglie, alla fine, in un'ultima struggente immagine sospesa.


Aglaìa
luce su metallo
che si rompe
grido di frattura
labirinto di sole
fulmine d'inverno
parusìa di te stessa,
tu
lama mia



Satrapie dell'anima lascia spazio ad una scurrile eppure colta e travolgente voluttuosità. Il canto del Petrarca si intreccia alla foga, alla travolgente caduta negli abissi del desiderio. 


Privo di barca, senza più timone
spezzo furioso l'albero maestro,
straccio la vela, spacco pure il sole,
nel desiderio folle dell'abisso,
del perdermi con te, che non lo sai.



Tu, Agave ti si posa lieve sul cuore. 
E' poesia dell'anima.


L'agave resiste
ma a volte è debole,
si deve bagnarla,
quanto basta, ogni tanto,
per cercare di curare
la felicità.



Alito e calce chiude la raccolta con una serie di haiku.
Gli haiku sono una forma di poesia che amo particolarmente, in poche scelte parole riescono a creare un mondo e trasportare il lettore in una dimensione altra. Sono piccoli scrigni di meraviglia.



Alito e calce
fango di cielo smorto,
casba cristiana.




Alito e calce è una raccolta splendida. Un pozzo delle meraviglie pieno di rimandi ai quali potersi aggrappare per scoprire nuovi luoghi o per approfondire concetti conosciuti solo in maniera superficiale. Ha il potere, lo stesso di Tu non lo sai da dove vengo, di sedimentare piano, rimanere dentro e tornare in momenti inaspettati con fugaci stralci di parole e immagini.


Una scrittura essenziale, intensa ed evocativa che non delude mai.




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